Nell’XI e nel XII secolo Pisa basò la sua forza su imprese militari ed economiche, nelle quali il ceto eminente manifestò le proprie aspirazioni. Appartennero a questa cerchia anche i Casapieri: l’amicizia di vecchia data che li legava ai Saraceni i quali, a loro volta, avevano grande interesse ad intrattenere rapporti di tipo commerciale con Pisa.
Oltre che alle operazioni commerciali, i nostri parteciparono anche a numerose speculazioni economiche, alcune delle quali effettuate proprio attraverso la dominatio sul monastero di san Matteo: si trattava di affari e transazioni che li resero ancora più solidi sul piano finanziario, tanto che, in diversi casi, essi si ritrovarono a prestare denaro allo stesso Comune di Pisa. Fin dalla metà del XII secolo si videro proprietari di un fondaco, magazzino per il deposito delle merci da cui il gestore traeva notevoli guadagni, e dell’embolo della seta, posto nella cappella di san Clemente, cioè in quella parte del mercato di Pisa più vicina al Ponte Vecchio, dove ormai la famiglia era stabilmente insediata nelle sue varie ramificazioni.
I Casapieri
Il ramo dei Casapieri, detto Delle Stadere, ebbe poi dal Comune il riconoscimento di quella dignità dei pesi che aprì loro la possibilità di contatto con mercanti anche non pisani, allargando così il giro degli affari e dei rapporti della famiglia. L’area dove essi si erano insediati era di importanza strategica per quanto riguardava sia i commerci che le relazioni.
Le proprietà dei Casapieri, più che nel contado, erano localizzate in città, soprattutto nella zona di Ponte Vecchio e del mercato, e appartenevano ai vari rami della famiglia. Intorno a queste zone della città si svolgevano affari e si trovavano botteghe dei Casapieri, per la maggior parte date in affitto a farsetti, setaioli e pannaioli. Il Ponte Vecchio era controllato da quelle famiglie che per prime si erano insediate al suo imbocco, nella fattispecie Visconti e Casapieri, che grazie a questo accrebbero notevolmente il proprio potere nell’ambito cittadino.
Negli ultimi decenni del XII secolo e nei primi del XIII, i Casapieri ottennero numerosi incarichi come ambasciatori, senatori, sapienti e giudici. Mantenersi legati al governo della città fu nodale per la famiglia perché ciò permise ai suoi membri di continuare anche per tutto il XIII secolo a ricoprire incarichi di rilievo. Conservarono un’importante posizione anche nella nuova situazione che dal 1254 aveva portato all’avvento del governo di Popolo.
San Matteo era sorto come elemento di coesione del patrimonio familiare e della famiglia stessa. Beneficiare e dotare la fondazione serviva a incanalare la ricchezza della famiglia evitandone la dispersione: infatti, il con la sua funzione politico-signorile il monastero rappresentava il simbolo del successo raggiunto dai Casapieri e un punto di riferimento per larghi strati della società locale.
L’importanza del monastero cresceva sempre di più e a questa si allacciava l’ascesa della casata coinvolta che, tramite il diritto di patronato, era coinvolta in svariate operazioni di stampo economico, sociale e politico affidate al cenobio.
Il particolare legame con la Sede Apostolica, grazie alla protezione concessa al monastero da Papa Pasquale II nel 1116 e in seguito riconfermata dai successori, consentiva una certa libertà nel gestire l’ente monastico nei confronti del vescovo di Pisa, divenendo un punto di forza sia per i fondatori che per il cenobio.
La famiglia appare insediata nell’area ove sorse san Matteo almeno fino al 1228, epoca a cui risale il giuramento dell’alleanza tra Pisa, Siena, Pistoia e Poggibonsi, fonte molto utile per individuare la collocazione dei gruppi familiari cappella per cappella. Il giuramento indica la presenza di un nucleo dei Casapieri residente in san Clemente, uno in Chinzica nella cappella di san Sepolcro e, oramai, uno soltanto nella cappella di san Matteo.
Durante l’XI secolo gli esponenti della famiglia ebbero rapporti anche con altri enti ecclesiastici (per esempio con la chiesa vescovile) con l’obiettivo di avere garantita l’appartenenza al ceto eminente cittadino. Negli ultimi anni del XIII secolo tesero, invece, ad allontanarsene perché ormai avevano perso l’interesse nell’avere rapporti con l’arcivescovo (infatti,le attestazioni di terre arcivescovili da essi detenute sono rare). Ormai, la famiglia probabilmente tendeva, a privilegiare altri rapporti perché aveva già tratto dal monastero tutti i vantaggi possibili. Il XIII secolo vide gli esponenti della famiglia fondatrice del monastero di san Matteo disertare quasi totalmente anche la stessa via della carriera ecclesiastica, considerata spesso da altre famiglie eminenti pisane come uno dei mezzi più efficaci per mantenere forme di potere in città e fuori. Si può ipotizzare che questo allontanamento dalla chiesa fosse iniziato nel momento in cui cominciò a indebolirsi l’identità di interessi tra l’arcivescovo di Pisa e il Comune, ai tempi dello scisma del 1159, quando Pisa si schierò a favore di Federico I. Allora i Casapieri facevano parte di coloro che esercitavano il governo del comune.